04 maggio 2006

Franco Serantini



Franco Serantini (il suo nome di battesimo era Francesco) nasce il 16 luglio 1951 a Cagliari. Abbandonato al orfanotrofio vi rimane fino all’età di due anni quando viene adottato da una coppia senza figli. Dopo la morte della madre adottiva viene affidato ai “nonni materni”, con i quali vive, a Campobello di Licata in Sicilia, fino al compimento del nono anno di età, poi viene nuovamente trasferito in un istituto di assistenza a Cagliari. Nel 1968 viene trasferito dall’istituto di Cagliari in quello per l’osservazione dei minori di Firenze e da qui – pur senza la minima ragione di ordine penale – destinato al riformatorio di Pisa “Pietro Thouar” in regime di semilibertà (deve mangiare e dormire in istituto). A Pisa, dopo aver conseguito la licenza media alla scuola statale Fibonacci, frequenta la scuola di contabilità aziendale.

Le conoscenze che acquisisce ed i nuovi rapporti che allaccia lo portano a guardare il mondo con occhi diversi e ad avvicinarsi all’ambiente politico della sinistra: frequenta le sedi delle Federazioni giovanili comunista e socialista, passa da Lotta Continua per approdare, tra la fine del 1970 e l’inizio del 1971, al gruppo anarchico “Giuseppe Pinelli” che ha la sede presso la Federazione Anarchica Pisana (aderente ai G.I.A.) in via S. Martino al numero civico 48. Insieme a tanti altri compagni si impegna in tutte le iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “Mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, in molte azioni antifasciste, nella campagna di controinformazione sulla strage di Piazza Fontana e l’assassinio di Giuseppe Pinelli. Partecipa con passione all’acceso dibattito che la candidatura di protesta alle elezioni politiche di Pietro Valpreda ha innescato nel movimento anarchico.

Il 5 maggio 1972 prende parte, come altri compagni anarchici, al presidio antifascista indetto da Lotta Continua a Pisa contro il comizio dell’onorevole Giuseppe Niccolai del Movimento Sociale Italiano. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia; durante una delle innumerevoli cariche Franco viene circondato da un gruppo di celerini del Secondo e del Terzo plotone della Terza compagnia del I Raggruppamento celere di Roma, sul lungarno Gambacorti, e pestato a sangue. Successivamente viene trasferito prima in una caserma di polizia e poi al carcere Don Bosco, dove, il giorno dopo, viene sottoposto ad un interrogatorio, durante il quale manifesta uno stato di malessere generale che il Giudice, le guardie carcerarie ed il medico non giudicano “serio”. Dopo quasi due giorni di agonia, Serantini viene trovato in coma nella sua cella, trasportato al pronto soccorso del carcere muore alle 9,45 del 7 maggio.

Il pomeriggio dello stesso giorno le autorità del carcere cercano di ottenere tempestivamente dal Comune l’autorizzazione al trasporto e al seppellimento del cadavere. L’ufficio del Comune si rifiuta di concedere il benestare alla tumulazione, mentre la notizia della morte di Serantini rimbalza in tutta la città. Luciano Della Mea, antifascista e militante storico della sinistra pisana, decide insieme all’avvocato Massei di costituirsi parte civile. Il giorno dopo ha luogo l’autopsia. L’avvocato Giovanni Sorbi, che aveva voluto assistervi, così ricorderà la triste circostanza: “È stato un trauma assistere all’autopsia, veder sezionare quel ragazzo che conoscevo. Un corpo massacrato, al torace, alle spalle, al capo, alle braccia. Tutto imbevuto di sangue. Non c’era neppure una piccola superficie intoccata. Ho passato una lunga notte di incubi”. I funerali di Serantini si tengono il 9 maggio 1972 e vedono una grande partecipazione popolare.

Al cimitero, Cafiero Ciuti, un anziano militante anarchico antifascista della prima ora, pronuncia l’ultimo discorso di commiato. In quei giorni, con il diffondersi della notizia, in molte città d’Italia si tengono manifestazioni. Il 13 maggio a Pisa Lotta Continua ne indice una che vede una grande partecipazione di folla; al termine del corteo, in piazza S. Silvestro, dopo un comizio di Gianni Landi per gli anarchici e di Adriano Sofri per Lotta Continua, viene apposta all’ingresso del palazzo Tohuar una lapide in ricordo. Le manifestazioni e le iniziative per ricordare Serantini travalicano i confini regionali: nel 1979 a Torino gli viene dedicata una scuola media; nel 1979 a Pisa nasce la biblioteca omonima e nel 1982 in piazza S. Silvestro, ribattezzata nel frattempo dalla gente “piazza Serantini”, viene inaugurato un monumento donato dai cavatori di Carrara.

Le indagini per scoprire i “responsabili” della morte di Serantini affogano nella burocrazia giudiziaria italiana e nei “non ricordo” degli ufficiali di PS presenti al fatto. I sessanta uomini del Secondo e del Terzo plotone della Terza compagnia del I Raggruppamento celere di Roma che sono i protagonisti della vicenda scompaiono nelle nebbie delle stanze della magistratura. Ma la vicenda di Serantini rimane all’attenzione dell’opinione pubblica grazie alla campagna stampa dei giornali anarchici (A rivista anarchica, L’Internazionale e Umanità Nova), di Lotta Continua, di quelli democratici e di movimento, e all’attività dei comitati “Giustizia per Franco Serantini”. Alla fine di marzo del 1977 il dottor Mammoli, il medico del carcere che aveva visitato Serantini, viene ferito alle gambe da mani ignote
. Un volantino a nome di Azione Rivoluzionaria rivendicherà l’attentato.


Sulla vicenda Serantini esiste un libro:
Corrado Stajano
IL SOVVERSIVO
Giuliano Einaudi Editore

Inoltre esiste anche un bellissimo video:
S'ERA TUTTI SOVVERSIVI
(dedicato a Franco Serantini)
regia di Giacomo Verde

che puo essere scaricato da qui